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Antonio Corvi

farmacista

 

Questo trattato, la cui prima stesura sembra cadere nell"anno 1080, fu commentato da un altro salernitano, Matteo Plateario, in un manoscritto conosciuto col titolo Circa instans (dalle sue parole iniziali), più volte riprodotto con varianti; nel 1471 consolidò lasua fortuna e fu stampato in Venezia e reso obbligatorio agli speziali d"Italia, più ancora del celebre Ricettario Fiorentino.
Sempre a proposito della Scuola Salernitana non possiamo dimenticare il Regimen Sanitatis, senza dubbio il frutto collettivopiù conosciuto della scuola salernitana, ristampato almeno trecento volte, dopo la primaedizione del 1548 (4). Il Regimen Sanitatis è una straordinaria raccolta di precetti e massime per insegnare a conservare la salute adottando unaopportuna regola alimentare e comportamentale, senza bisogno di ricorrere a sortilegi e amuleti.
Era scontato che una cultura così esclusiva, radicata in una regione posta al centro del Mediterraneo e perciò aperta ad ogni scambio con l"Oriente e l"Occidente, creasse nell"Italia meridionale l"ambiente ideale per la nascita ed il progresso di una istituzione fondamentale come la farmacia, resa finalmente in una forma autonoma, necessaria alla specializzazione di quella farmacologia che nerssun medico, dopo Galeno, aveva ritenuto branca essenziale per la medicina.
Oltretutto, agli elementi autoctoni greco-latini ed arabi, con la calata della dinastia sveva su Palermo e la presa di potere del regno di Sicilia da parte di un uomo di mentalità aperta a una nuova visione del mondo, come
Federico II, se ne aggiungevano altri di provenienza germanica.
Fu certo l"idea degna di un genio quella che lo Stato da lui progettato dovesse occuparsi anche di legiferare in materia di salute ed igiene pubblica. La vita e la morte degli uomini non sarebbero più dipesi solo dai mezzi di sussistenza che il primo feudatario dello Statro era tenuto ad assicurare: nella raffinatezza e nello spirito della Corte cui appartenevano tanti uomini di superiore levatura, incominciava a farsi strada il concetto di migliorare per tutti la qualità dell"esistenza.
Le Costituzioni di Federico II sono senz"altro primarie rispetto a quelle di Arles (Francia, seconda metà del secolo XII) e di Venezia (1258), ciò per la completezza del loro assunto e l"introduzione di elementi inderogabili per la futura vita della farmacia, come la tariffa dei medicinali e il controllo del numero degli esercizi in rapporto al numero della gente e al suo stanziamento(5).
Anche quel riconoscimento decretato, -come abbiamo visto- alcuni anni dopo, all"Antidotario di Nicolò Salernitano, come codice unico a cui dovevano attenersi medici e farmacisti per le loro preparazioni, era un ulteriore primato da riconoscere al fondatore della autentica farmacia.
Per completare in modo veramnte esauriente il discorso sulla Scuola Salernitana, dobbiamo sottolineare ancora l"importanza delle Pandette di Matteo Silvatico (prima metà del "300), strumento indispensabile per la conoscenza delle droghe e per la necessità di superare tanti problemi di sinonimia allora esistenti e del Compendium Aromatariorum, ultimo della triade dei testi essenziali per lo speziale medievale; scritto da Saladino da Ascoli (XV secolo), è diviso in sette particulae,secondo il procedimento della domanda e della risposta. Esso costituiva un vero e proprio vangelo per ogni allievo in attesa di essere esaminato, ma anche tratteggiava in modo efficace il ritratto dello speziale ideale dell"epoca, con tante qualità morali e materiali da renderlo universale, tale da poter essere posto come esempio, anche al professionista di oggi (6).


ARTI E MESTIERI - GLI STATUTI DELLE CORPORAZIONI FARMACEUTICHE

Tutto ciò contribuì a porre le basi per una legislazionefarmaceutica ordinata e sistematica, anche se- ed è fin troppo ovvio- non tutte le regioni europee furono pronte ad introdurla operativamente: quelle disposizioni di cui abbiamo riferito presupponevano infatti uno Stato sufficientemente organizzato e, soprattutto, consolidato nelle sue strutture, -per così dire-,politiche ed amministrative. Come nei tanti Comuni del Nord della penisola italiana, dove l"espressionedel potere, che aveva trovato origine e consenso dalla base, si traduceva in una gestione largamente partecipata, informata alle più ampie distribuzioni di compiti: tra il Consiglio degli Anziani (potere legislativo), il Podestà, le Magistrature e la Federazione delle Arti e dei Mestieri. E quest"ultimo organismo, solitamente detto Mercanzia o Collegio dei Mercanti, era di fatto, il vero e proprio governo dell"economia cittadina; in questa stessa Mercanzia confluivano forze imprenditoriali e del lavoro libero ( mentre i Collegi professionali più alti si autogovernavano separatamente; così i medici, i notari, i giudici...).
Inizialmente gli Statuti o leggi della Mercanzia, non facevano distinzione tra le varie categorie assogettate; quelle numerose davano più spessoluogo ad interventi e quelle economicamente più forti occupavano le cariche consolari maggiori. E" il caso del comparto tessile, dei mercanti del panno di lana e di cotone, che producendo manufatti in serie tenevano assai all"esportazione, e in questo senso, al buon nome dell"artigianato locale (7).
In questa ottica le prime regole per gli speziali emesse dalla Mercanzia, sono poche: riguardavano l"obbligo della buona fabbricazione delle candele di cera e di genuinità delle spezie di importazione (pepe, zafferano, noce moscata: tutte molto care e necessarie per insaporire e conservare la carne).
Per tutti valeva la raccomandazione di portare le proprie cause davanti ai Consoli Grandi, nonchè di usare sempre pesi e misure esatti (8).
Quando gli aderenti ad un gruppo, sufficientemente omogeneo, raggiungevano, all"interno della federazione, consistenza notevole, si organizzavano per acquistare una certa indipendenza, per nominare i propri rappresentanti e darsi regole per evitare ogni concorrenza e attrito tra i soci.
Nascevano così gli Statuti degli Speziali italiani (attualmente sono oggetto di studio e di classificazione da parte dell"Accademia e i primi riflessi sono già stati pubblicati in una dozzinadi quaderni, relativi a diverse città) (9). Ottenere l"approvazione degli Statuti dalla suprema autorità dello Stato era un atto abbastanza formale, solitamente privo di difficoltà, se i rapporti con i Consoli Grandi erano buoni.
Va da sè che nonvi sia mai stata una identica vicenda nelle cento città italiane, per diverse situazioni politiche esistenti: al nord prevalevano i liberi Comuni, al sud Stati dinastici o comunque aristocratici. Non è possibile quindi tracciare un quadro generale di un ideale paratico o corporazione, ma solo fissare i cardini principali, comuni a tutti (10).


LE CORPORAZIONI DEGLI SPEZIALI E IL RICETTARIO FIORENTINO

Abbiamo visto come le corpoazioni degli Speziali, pur seguendo dal momento della loro costituzione alcune linee fondamentali, presentano nelle varie città italiane differenti caratteristiche dovute all"impatto con una realtà politica preesistente. Già dall"esame delle prime regole statutarie e dei titoli di cui le aggregazioni si fregiano (Arte, Paratico, Fraglia, o addirittura Collegio) è possibileprevedere quali siano i motivi ricorrenti di contrasto in ambito locale e quali le maggiori preoccupazioni degli associati per difendere e far progredire la loro categoria.
Prendiamo in particolare esame la situazione di Firenze, per svariati motivi:
- Gli statuti risalgono alla prima metà del "200 e sono stati da tempo accuratamente studiati nelle varie edizioni ed aggiunte;
-La crescita civile dopo il primo millennio ha avuto qui un andamento accelerato, evidente specie nel campo dei commerci e dell"arte, così da farne la capitale virtuale d"Italia nel tardo Medioevo;
-La posizione di primo piano assunta dagli Speziali fin dall"inizio.
L"associazione primaria, denominata Calimala, produce un ragggruppamento più numeroso che si riconosce sotto lo stendardo "...di S.Maria col figliuolo Cristo in collo, in campo vermiglio": è l"Ars Medicorum et Spetiariorum, di fondazione risalente al 1266, quando le differenziazioni tecniche tra i mestieri erano ancora ai primordi. E" facile arguire la motivazione politica prima che economica: se anche erano istituzioni di classe, le Arti dovevano combattere direttamente contro la feudalità delle campagne, nella logica di quella contrapposizione guelfo-ghibellina così cruda e violenta, come Dante ci ha dimostrato. Il sommo poeta si iscrisse a un"Arte di dotti per frequentare, come si narra, le loro biblioteche e Giotto fece lo stesso per ricavarne la tecnica dei colori, ma entrambi poterono partecipare alla vita politica solo in quanto esponenti di una corporazione forte e riconosciuta dallo Stato. Altrove vedremo fiorire un"economia basata sul telaio e sulla mano d"opera relativa, in grado di dare ai mercanti da panno la supremazia fra i federati; qui l"Arte aggiungerà al titolo primario anche la qualifica merciariorum solo a partire dagli statuti del 1314. Ben sei codici esistenti ne riportano le regole organizzative.
I sei consoli eletti semestralmente con parità di diritto tra le tre sezioni (medici, speziali, merciai) dovevano accettare la carica e ricevevano in compenso tre fiorini, due once di zafferano e due di pepe, tre scodelle nuove: evidentemente generidi prima necessità, di produzione interna. I consoli a loro volta eleggevano a Camerlengo (cassiere) e Notaio, duebonos vivos di fede guelfa come loro, ed inoltre dodici Consiglieri in grado di aiutarli a far rispettare la loro suprema autorità. I loro giudizi potevano aver luogo anche nel palazzo Comunale, a dimostrazione che il loro potere,per le cose riferite all"arte, era equiparabile a quello dei Reggitori della città.
Nessuno doveva opporsi alle loro sentenze, che da famigli erano fatte eseguire direttamente, fino alla carcerazione dell"associato reo di gravi mancanze. Perchè ognuno avesse un ruolo e si sentisse compartecipe, una quantità di funzioni erano affidate a piccoli gruppi, che oggi chiameremmo commissioni; dagli statutari (revisori delle norme) ai cercatori (di inadempienze), dai taratori di bilance ai garbellatori (setacciatori).
Senza contare le magistrature straordinarie e i dipendenti per semplici incarichi esecutivi.
I rapporti tra medico e speziale erano ben definiti, come la dipendenza assoluta dell"allievo al maestro, oltretutto ricompensato con trenta lire per tre anni. L"ingresso nell"arte costava poi quattro fiorini d"oro, mentre era assicurato un soccorso in caso di necessità e la presenza di almeno 18 soci al funerale.
Nelle domeniche e nelle oltre 40 feste religiose le botteghe rimanevano chiuse, ma era lecito soddisfare ogni urgenza attraverso uno sportello; più tardi, nel 1400, si arriverà a stabilire dei turni alla maniera odierna. Era vietato dare una percentuale al medico in cambio di ottenute prescrizioni, sotto pena di una multa fino a 25 lire; ciò nonnostante molti di costoro continueranno a gestire la farmacia attraverso un prestanome. L"impiego di capitale in questo settore risultava redditizio, perchè le spezierie, pur essendo in continuo aumento numerico, trattavano una quantità di merci di uso domestico alimentare ematerie prime per gli artigiani (colori, biacche, metalli lavorati ecc.). Il solenne giuramento preteso da ognuno che entrasse nell"arte era pieno di severità in merito all"osservanza degli statuti, ma probabilmente l"attività soggetta ad un vero controllo era solo quella realtiva alla preparazione dei medicinali: Col tempo ciò porterà a una netta divisione tra farmacisti e droghieri; prima però, l"intraprendenza dei fiorentini creerà un commercio all"ingrosso delle droghe esteso a varie parti d"Europa.

Il "Nuovo Ricettario"

Lo stato organizzativo più avanzato dell"arte sanitaria a Firenze ci aiuta a comprendere come in questa città abbia visto la luce la prima farmacopea ufficiale della storia. Per oltre due secoli medici e farmacisti, pur distinti nelle loro funzioni, avevano vissuto sotto la medesima insegna corporativa: non sarebbe stato possibile senza una conoscenza ed un rispetto reciproci e questa comunanza offriva ora alla società un mezzo operativo nuovo, rivelatosi in seguito indispensabile in ogni moderno sistema sanitario. Nel nord-Italia, pur non potendosi generalizzare in senso assoluto, abbiamo riscontrato la discesa dei medici dal loro empireo teorico solo un secolo dopo, mentre inizia nel XVII sec. l"opera di vigilanza del loro Collegio sulle spezierie.
IL "Ricettario" non è solo il primo in senso temporale; il signifiocato da dare all"aggettivo "nuovo" è quello essenzialmente di "diverso" da analogne opere stampate con lo stesso scopo tra "400 e "500 (come la Concordia del 1511) e pure da antidotari privati coevi. Alludo qui alla triade di grande successo e diffusione nella pianura padana e in tutta Europa:
il " Luminare maius" di Manlio del Bosco, alessandrino, il " Thesaurus Aromatariorum" di Paolo Suardo farmacista bergamasco e il "Lumen Apothecaroirum" di Quirico de Augustis da Tortona. Tutti e tre sono stesi comeil vecchio Antidotario di Nicolò, non superano i novanta fogli e recano solo i composti, pur presentando elementi di novità: medicine di preparazione esclusivamente chimica, note di farmacognosia botanica locale (Quirico), grande preoccupazione per la pratica d"officina, estesa alla confezione di molte specialità dolciarie (Suardo). Le ripetute edizioni indicano quanto queste opre di veri speziali fossero apprezzate e usate giornalmente come ferri del mestiere. Anche la "Concordie Apothecariorum Barchinone" non si discosta da tali esempi, dalle sue 87 pagine scritte in caratteri gotici vediamo quale era l"ordine classico di precedenza assegnato ai composti e rispettato pure dal "Ricettario". Prima venivano gli elettuari, insieme di droghe elette, contravveleni tipo teriaca o ricostituenti favolosi come la confezione ai testicoli di volpe; spesso impastati con miele, altre volte allo stato di polvere ( elettuario zuccherino per Re e Prelati). Seguono i looch o sciroppi, con denominazioni propagandistiche (looch sanum et expertum). I trocisci, abbiamo visto essere specie di compresse ottenute per impasto ed essicazione, introducono le pillole, ricavabili estemporaneamente da una massa semisolida per divisione e spolveratura. Ai pochi colliri tengono dietro molti unguenti ed empiastri, olii semplici e composti chiudono l"elenco. Nicolò e Mesue sono gli autori più seguiti, ma non mancano i locali quasi contemporanei, come Arnaldo da Villanova. Null"altro tuttavia che questo elenco presenta la Concordia, pur rispondendo ai requisiti richiesti a una farmacopea, secondo la definizione recente di uno studioso spagnolo:
codice medico con carattere di obbligatorietà presso l"esercizio farmaceutico. Elenca medicamenti analizzandolo nei componemnti e durante la preparazione. Dà regole generali di riconoscimento.
Le farmacopee sono dettate dalla necessità di avere univoco indirizzo in merito alla reale applicazione delle norme e delle formule nella pratica farmaceutica; già dal titolo si evidenzia la totale aderenza del "Ricettario" a questo assunto: NUOVO RECEPTARIO COMPOSTO DAL FAMOSISSIMO CHOLLEGIO DEGLI ESIMI DOCTORI DELLA ARTE ET MEDICINA NELLA INCLITA CIPTA DI FIRENZE. Alla fine del testo, oltre la data 21 gennaio 1498, si precisa opportunamente come fosse stato stampato su istanza dei Consoli dell"Università degli Speziali: nel corso dei tempi si era avuta una specializzazione più che una divaricazione. Infatti il "segno" distintivo dell"opera è ancora quello del vecchio stendardo di S.Maria, con la Madonna che stringe al petto il Bambino; l"ufficialità del "Ricettario" è resa più evidente, poichè alla obbligatorietà imposta dallo stato si unisce la volontà dei soggetti ai quali è rivolta.
Resta da spiegare il "diverso" e invero la prima novità è l"uso della lingua volgare, ma in una forma già definita e corretta, non facilmente riscontrabile neanche un secolo dopo; la chiarezza è un altro pregio dell"opera elaborata certo da più mani, sotto l"alto patrocinio mediceo evidenziato, nella II a edizione del 1550, con lo stemma dell"aquila e cinque palle. Intanto il titolo completo è diventato "El ricettario dell"Arte et Università de Medici e Spetiali della Città di Firenze", ancora più unitario rispetto al precedente. Questo esemplare che ho avuto modo di consultare, dopo la prefazione rivolta ai consoli dell"Arte, si divide in tre capitoli o parti: la prima va da pag. 5 a pag. 71 e comprende un elenco di semplici in ordine alfabetico, presentando così almeno in riassunto la propria materia medica. Di seguito fa il ritratto del bono spetiale sia dal punto di vista morale sia da quello delle sue cognizioni, non mancando di disegnare la bottega ideale per svolgere la professione. Una ventina di pagine sono dedicate alle spiegazioni, in tema di provvedere, assaggiare, preparare droghe.
La parte seconda comprende tutti i composti con uno schema simile a quello della Concordia, ma ampliato di almeno venti pagine per altre istruzioni tecniche relative alle varie forme farmaceutiche. Da pag 188 si hanno le tabelle dei pesi e delle misure, quella delle sostituzioni possibili se vengono a mancare alcune specie; l"indice per materie, l"errata corrige sembrano aggiunte successivamente, non essendo queste pagine numerate. Va ricordato che oltre alla farmacopea, ritenuta completa, ma concisa come il vecchio Antidotarium parvum, altre letture obbligatorie erano Dioscoride (la materia medica più completa) Gsaleno, Mesue ed Avicenna; il panorama culturale dello speziale fiorentino fa sempre capo ai classici di tredici secoli prima, ma non sono trascurate un buon numero di ricette di medici moderni per lo più toscani, come Dino del Garbo e Gentile da Foligno. Giusto orgoglio dei colleghi compilatori del "Ricettario".


Antonio Corvi

Accademia Italiana di Storia della Farmacia

 
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